Bello andare via il fine settimana.
Se poi c’è qualche giorno di festa in più, tanto meglio.
Non mi pesa ficcare in una borsa quello che serve per i bambini.
Non mi stresso neanche per le valigie delle vacanze più lunghe d’estate,
figurarsi per un weekend.
L’incubo della vacanzina fuori porta è il rientro.
Mio marito arriva e spera di trovare un posto dove fermarsi,
il che è già complicato.
Di solito piove sempre, in quei momenti,
indipendentemente dalla stagione.
E allora:
scendi sotto l’acqua,
apri la portiera del bambino sperando di non farti travolgere dalle macchine,
cerca le calze e le scarpe del piccolo,
che di sicuro se le è tolte,
recupera Orso Morbido e Panda Grande,
che dormono tra seggiolini e portiere,
ravana in mezzo a giacche, sciarpe e cappelli,
sveglia il grande che di sicuro dorme e non ne vuole saperne di scendere;
mentre vesti i due pargoli in qualche modo,
che se no prendono freddo,
cerca le chiavi sul fondo della borsa,
prendi il passeggino e aprilo;
con l’altra mano afferra lo zainetto del computer e qualche decina di sacchettini di viveri e roba varia,
che all’andata non c’era, ma in due soli giorni si è autoprodotta nel bagagliaio.
Apri il portone con un bambino in braccio,
il passeggino davanti carico di pacchi e pacchettini,
sperando di evitare, per una volta, il consueto ribaltamento.
Nel frattempo l’altro bambino, ancora mezzo addormentato,
ti fa presente le sue mille esigenze improrogabili proprio in quel momento:
bere, fare pipì, e, ovviamente, aprire lui il portone da solo e chiamare lui l’ascensore,
che se non schiaccia il pulsante è una tragedia,
e non giocherà mai più con te.
Ed eccoti finalmente davanti alla porta di casa.
Mentre apri sai cosa ti aspetta:
bucati, bagnetti, cena, messa a nanna.
E comincerai a sognare il successivo weekend di puro relax.