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Di cellulari in acqua e altri guai

Io e i cellulari non siamo mai andati molto d’accordo. Troppo spesso ho combinato dei guai, ma la recidiva è la cosa più grave…

La mia vita è costellata da sempre di oggetti dimenticati, distrazioni, danni, cose rotte e piccoli guai. Sembra che io non riesca, neanche con la presunta maturità degli anta, ad evitare di fare i pasticci che i miei bambini hanno denominato ufficialmente “giulianate”.

Perché, voglio dire, a tutti può capitare di rompere o perdere qualcosa, ma la mia sistematicità è quasi unica.

Del resto avevo appena conosciuto mio marito quando io, per la prima volta a cena a casa sua, ho nell’ordine:

  • buttato a terra un cactus con relativo vaso
  • fatto cadere una scatola di sale sul melone che aveva appena affettato
  • rotto un uovo sul tappeto che aveva appena lavato per l’occasione.

E via così, in un’infinità di piccoli grandi danni, ombrelli persi a decine, bicchieri, tazze, piatti disintegrati a migliaia. Tonnellate di liquidi rovesciati, ferri da stiro bollenti caduti sul parquet, documenti e chiavi persi.

Del resto anche sul lavoro ho sempre fatto grandi casini, come quella volta che stavo per distruggere un’antica anfora romana o quando mi sono presentata a un corso di formazione con la borsa piena di pasta per la pizza lievitata.

Per non parlare di quando, il giorno del mio matrimonio, ho dimenticato a casa il bouquet.

Ma veniamo al tema cellulari. Compagni inseparabili delle nostre vite, gli smartphone contengono un po’ tutta la nostra vita. Restare senza, ammettiamolo, è un piccolo dramma.

Una volta mi è caduto un telefono e ha beccato proprio l’angolino giusto affinché lo schermo si disintegrasse in milioni di piccoli pezzi. Ma questo è niente.

In marzo ho fatto cadere l’iPhone nell’acqua. Anzi, diciamola tutta, perché l’onestà per una blogger è tutto: è caduto nel water, scivolando dalla tasca dei jeans. Nel panico ho fatto tutto quello che non si deve fare,  e cioè cercare disperatamente di riaccenderlo e di smanettare. Poi, ho cercato consigli in internet e ho infilato lo sfortunato apparecchio in un sacchettino pieno di riso e ho aspettato ben 48 ore.

Inutile dire che il riso non ha funzionato proprio per niente. Il giorno dopo così, su consiglio di un’amica, sono andata da un ragazzo cinese che ripara i cellulari che mi ha cazziata per avere aspettato così tanto ma mi ha poi nel giro di due giorni ridato il cellulare come nuovo (a parte qualche alone di acqua sullo schermo che poi se ne è andato col tempo).

Ora, una volta può capitare. Ma due no. E invece sì. Stessa procedura, stessa modalità: pipì impellente e cellulare che vola nel water.

Da esperta del caso, questa volta ho subito spento tutto, tolto la sim, infilato il cellulare nel riso che non si sa mai e questa mattina mi sono fiondata dal cinese. Domani sera avrò il verdetto: riuscirà anche questa volta a ripararlo?

Io però devo smetterla!

E se qualcuno oggi mi cerca, sappia che l’ennesima giulianata è in atto.

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