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Notre Dame in fiamme e la fragilità dell'Europa

Tutti noi ieri sera siamo rimasti a bocca aperta davanti alle immagini di Notre Dame, della nostra Notre Dame in fiamme. Lo spezzarsi della guglia  ha lacerato le nostre certezze, ha ferito la nostra identità di europei o, forse, ce l’ha semplicemente ricordata.

Per qualche ora l’Europa si è fermata con le lacrime agli occhi, incredula, ad osservare il fuoco avvolgere tanta bellezza, tanta storia, tanta memoria. Niente hanno potuto i gargoyle posti sui tetti a sua protezione, niente la forza della storia immortale del Gobbo e della bella Esmeralda, e niente, soprattutto, ha potuto la nostra modernità, la nostra presuzione di poter avere oggi, nel 2019, tutto sempre sotto controllo.

“Ma come é possibile, oggi, una cosa così?”, ha chiesto mio figlio.
É possibile perché siamo ancora fragili, impotenti, come tanti secoli fa. Nonostante la pretesa di non esserlo.
“Ma la ricostruiranno?”.
Si certo, la ricostruiranno.
“Ma non sarà mai più la stessa cosa”.
Già.

Forse è da qui che l’Europa dovrebbe ricominciare. Dal proprio sgomento e dall’idea stessa di ricostruire: una cattedrale, un simbolo, un’identità perduta, ferita, devastata.

Forse le fiamme di Parigi dovrebbero essere un nuovo punto di partenza per un Continente che si è scoperto ieri sera accomunato dal dolore per tanta bellezza perduta. Un’Europa unita per qualche ora, questa volta davvero. Non davanti a qualche tavolo sterile, a qualche discussione tra potenti, ma nella sorprendente, inaspettata e devastante constatazione della propria fragilità.


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