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L'orrore e i bambini

Non è facile spiegare l’orrore ai bambini. Per me in questo momento è ancora impossibile.

Domani io e i miei bambini prendiamo un aereo e ce ne andiamo da papà per un po’ di giorni, approfittando delle vacanze.

Entrambi sono esaltati, felici del viaggio che li aspetta. Amano arrivare all’aeroporto, cercare il nostro volo sugli schermi, guidarmi fino al gate giusto, guardare gli aerei che decollano e cercare di individuare dove sia sulla pista quello che prenderemo noi. A loro piace viaggiare, superare i controlli, mettere il loro piccolo trolley sul nastro, passare dal metal detector. E poi, salire sull’aereo, comprare un succo o un dolcetto dalla hostess gentile e, una volta arrivati a destinazione, correre a casa, da papà.

E’ da giorni che si pregustano il nostro viaggio. Dunque, ieri ho fatto attenzione a non lasciare la televisione accesa o il pc aperto in presenza, soprattutto, del mio grande. Non volevo che l’orrore di Bruxelles travolgesse e bambini come ha travolto me, come era successo con i fatti di Parigi, che li hanno terrorizzati.

Insomma, li ho protetti da un male e da un orrore che io non riesco a spiegare neppure a me stessa.

Però questa mattina, mentre pensavo alle valige e al check in online, mi chiedevo se ho fatto bene. Forse a scuola ne avranno parlato, e magari sarebbe stato meglio parlarne prima con me. Non so, mi sono chiesta spesso se sia giusto o meno tacere alcuni aspetti della realtà che ci circonda. Qual è l’età giusta per acquisire la consapevolezza della nostra fragilità? Come, con quali parole si può spiegare a un bambino l’assurdità del male?

Ho sempre pensato che non si debba proteggerli troppo, i nostri figli. Perché la realtà, prima o poi, irrompe inevitabilmente nelle loro vite. Tanto più oggi, che hanno a disposizione un’infinità di strade per sapere cosa accade nel mondo.

Allora forse converrebbe essere i primi a parlarne con loro, cercando di dare loro gli strumenti per gestire l’ansia che, inevitabilmente, sorge di fronte a fatti del genere.

Ma è difficile, molto difficile.

E so già che oggi, quando andrò a prendere a scuola il mio bambino grande, spererò che non sappia niente…ancora per un po’.

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